Tantissime persone confondono le gallerie d’arte con i musei. Vi sorprenderebbe sapere in quanti entrano in galleria e si stupiscono del fatto che le opere siano “addirittura” in vendita. La disinformazione del pubblico non specializzato su questo mondo è piuttosto evidente.
Ove vi fossero dubbi in merito: Il museo è un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, che acquisisce, conserva e espone beni culturali, promuovendone la conoscenza presso il pubblico e la comunità scientifica.
Le gallerie d’arte private, invece, sono esercizi commerciali che, oltre a promuovere e sostenere la ricerca artistica, sono volte alla compravendita di opere d’arte.
Di conseguenza, la rivoluzione digitale ha avuto un forte impatto anche su questo settore.
E’ necessario però fare un’ulteriore premessa: la ragione per la quale il settore delle gallerie d’arte è spesso sconosciuto o associato alla mera attività espositiva, deriva dalla tendenza, soprattutto in Italia, delle stesse gallerie, a volersi mostrare come ultima roccaforte di una cultura elitaria e poco aperta al cambiamento.
Statisticamente, la maggioranza delle gallerie d’arte italiane sono piccole aziende, generalmente a conduzione familiare, diffidenti verso l’apertura al pubblico mainstream e al digitale, quasi fosse sconveniente, degradante. La conseguenza di questo anacronistico purismo è la percezione comune dell’arte contemporanea come qualcosa di misterioso, snob e comprensibile solo da esperti.
Per questi motivi il settore delle gallerie d’arte ha avuto, e ha tuttora, difficoltà a sopravvivere nel presente.
Solo una minoranza di gallerie, ben consapevoli di doversi adattare con urgenza alle nuove richieste del mercato, stanno operando con spirito pionieristico, abbandonando la tradizionale visione della “galleria” come “contenitore di opere” e sperimentando idee creative di gestione dinamica dell’attività, dove è sempre più presente e ingombrante, ma irrinunciabile, l’uso del digitale.
Il vecchio modello di business delle gallerie d’arte, limitato alla sola convenzionale esposizione delle opere in galleria, non trova spazio nel mercato attuale, se non come “vetrina” di un mondo molto più esteso che si trova solo online.
Per esempio, non si può più negare l’importanza di promuovere gli artisti sui social network e di vendere le loro opere online.
L’ E-commerce, infatti, non è altro che una piattaforma di vendita attraverso una struttura informatica.
Le figure di riferimento
Così, in pochi anni, sono emerse all’interno del team della galleria nuove figure professionali fondamentali tra le quali, in primis, il “Digital Marketing Specialist”, cioè colui che si occupa di tutte le attività di marketing che utilizzano i canali web per sviluppare una rete commerciale, analizzare i trend di mercato e prevederne l’andamento. La sua attività comprende le attività di SEO e SEM (Search Engine Optimization e Search Engine Marketing) ed il suo ruolo necessita di competenze specifiche legate all’utilizzo di strumenti informatici, come per esempio Google AdWords e l’email marketing: ruolo che, quindi, difficilmente può essere ricoperto dal gallerista, ma deve essere inevitabilmente affidato ad un operatore specializzato.
Il “Social Media Manager”, invece, è colui che si occupa di creare le pagine aziendali sulle diverse piattaforme social (quali Facebook e Instagram), stabilendo dunque quali canali comunicativi attivare e quali no, con l’obiettivo di riuscire a creare, e poi gestire, una community.
Le gallerie più all’avanguardia non si accontentano di promuovere i propri artisti sui social e di creare dei siti sui quali caricare articoli nozionistici e curiosità interessanti sugli artisti, ma sono alla costante ricerca di innovative soluzioni di esposizione e promozione.
La necessità di trovare nuovi spazi virtuali è dunque una tendenza ineludibile che si è sviluppata negli ultimi dieci anni ed il suo percorso è stato accelerato notevolmente dalle conseguenze sociali della pandemia globale.
Peraltro, l’accelerazione digitale ha costituito anche una valida soluzione per ridurre il costo paralizzante dell’affitto degli spazi espositivi in posizione privilegiata, unica garanzia di visibilità per la galleria tradizionale.
Le esperienze “immersive”, come per esempio le piattaforme di “realtà aumentata”, sono oggi le protagoniste di questa propensione per la digitalizzazione delle gallerie d’arte.
L’Augmented Reality (AR) è una forma di visual content management che consente ad aziende e organizzazioni di aggiungere nuovi livelli informativi, in tempo reale e ad alto tasso di interazione, utilizzando device mobili di qualsiasi tipo. Non ho capito questa frase
L’esperienza immersiva trasforma le ordinarie e statiche esposizioni in panoramica 3D.
Ciò è reso possibile grazie al personale tecnico specializzato che si occupa di scegliere e caricare i contenuti espositivi.
Un collezionista impossibilitato a raggiungere la galleria fisicamente può comodamente, dal divano di casa propria, esaminare, valutare e scegliere l’opera che preferisce, immaginando finanche il suo ingombro sulla parete.
Le più comuni piattaforme di realtà aumentata infatti ricostruiscono degli spazi immaginari nei quali le opere sono esposte, riportate in perfetta scala.
Esistono poi sistemi di realtà aumentata un po’ meno precisi ma di ancor più comodo utilizzo, come le applicazioni per smartphone che consentono di scannerizzare la stanza e, con pochi step, di verificare l’effettivo rendimento di un’opera nel contesto in cui la si vuole esporre.
Conclusioni
La rivoluzione digitale ancora in corso, che riguarda la macro categoria dello shopping online e, nello specifico, la vendita di opere d’arte, ha introdotto negli ultimi anni innovazioni sempre più raffinate: per tecnologia e qualità, i nuovi modelli 3D oggi utilizzati sono notevolmente più realistici e dettagliati di quanto non lo fossero pochi anni fa, e siamo tutti, io con voi, in trepidante attesa di scoprire dove arriveremo di questo passo.
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