Gli ultimi due anni hanno accelerato i cambiamenti tecnologici già in corso nella società e nei processi produttivi. Sempre più evidente, infatti, è l’importanza delle tecnologie digitali per il lavoro, l’istruzione e la comunicazione.
Il mondo scolastico ha dovuto riorganizzare in breve tempo la didattica, implementando nuovi sistemi per consentire agli allievi di non perdere le lezioni e continuare la loro formazione. Allo stesso modo, le aziende si sono trovate a digitalizzare le piattaforme e gli strumenti utilizzati per supportare nuove formule lavorative, come il remote working.
Tuttavia, in Italia ancora assistiamo ad un forte divario digitale. Ma cosa significa in concreto?
Il divario digitale può essere schematizzato in due sue componenti principali:
– divario tecnologico, legato alla disponibilità delle tecnologie;
– divario culturale, legato alla predisposizione dei cittadini a sposare una qualsiasi idea di innovazione e a dominare le tecniche che la sostengono.
Le due componenti hanno punti di intersezione continui ma non sono la stessa cosa: si tratta di problemi differenti che suggeriscono soluzioni diverse.
Divario tecnologico tra regioni
Rimaniamo sul primo punto. Il DESI regionale 2020, elaborato dall’Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico di Milano, dimostra che la regione più tecnologica in Italia è la Lombardia con un punteggio pari a 72,0 su 100, mentre ultima in classifica è la Calabria, che registra un punteggio di 18,8.
In generale, delle undici regioni con un punteggio superiore alla media italiana, otto sono del nord (Lombardia, Emilia-Romagna, Friuli Venezia-Giulia, Veneto, Liguria, Piemonte, e province autonome di Trento e Bolzano) e tre del centro (Lazio, Toscana, e Umbria).
Al di sotto della media italiana troviamo tutte le altre regioni, in particolare le ultime (sotto i 45 punti) sono tutte regioni del Mezzogiorno. Emerge pertanto un gap tra nord e sud del Paese già rilevato, che non riusciamo a colmare.
Un’ulteriore conferma del cosiddetto “Digital Divide” arriva da Agcom, che nel suo ultimo rapporto mette in luce come sul territorio nazionale ci sia ancora molto lavoro da fare per migliorare la diffusione della banda larga.
Nel 2020 si è registrata una crescita della connessioni FTTC (VDSL) – che ha registrato un +7% rispetto all’anno precedente – e del 2,5% della Fibra FTTH. Tuttavia, il 39% delle linee è ancora presidiato dal Rame ADSL. Nelle zone d’ombra, non raggiunte dai grandi provider, è dunque fondamentale il ruolo dei WISP.
Divario tecnologico rispetto all’Europa
Le differenze digitali all’interno del Paese contribuiscono a rallentare la nostra scalata nella classifica europea in tema di digitalizzazione. Tuttavia l’esperienza degli ultimi due anni sembra modificare la situazione.
La classifica presentata dall’ultimo rapporto DESI 2020, utilizzato dalla Commissione Europea per valutare lo stato di digitalizzazione dei Paesi Membri (con dati a giugno 2019), inserisce l’Italia al 25° posto sui 28 Paesi analizzati.
Una posizione non incoraggiante ma che pare destinata ad essere ribaltata. Il lockdown, infatti, ha modificato le abitudini della popolazione italiana, indirizzandola sempre più verso nuovi comportamenti digitali: il remote working, la didattica a distanza, la spesa on-line, la socializzazione in videochiamata.
Molti italiani hanno compreso che le soluzioni digitali e i servizi online rappresentano un supporto essenziale in molti ambiti della vita quotidiana. Basti pensare che internet è diventato il mezzo più essenziale per 6 italiani su 10 e un’eventuale interruzione dei servizi per due giorni conseguiti peserebbe molto di più di una sospensione di uguale durata delle trasmissioni radiotelevisive. Gli italiani, quindi, appresso competenze digitali nuove e rafforzato quelle già acquisite.
Al fine di verificare gli effetti della pandemia sul processo di digitalizzazione italiano, e quindi se i dati riportati dal rapporto DESI 2020 siano cambiati, è stata effettuata una simulazione: il punteggio ricalcolato utilizzando i dati riferiti al periodo del lockdown (ove disponibili), raggiungerebbe un valore di circa 50 punti, in crescita del 15%, un punteggio che vedrebbe l’Italia avanzare di 6 posizioni rispetto alla classifica.